martedì 31 gennaio 2012

L'Italia dei forconi e degli sfigati.


Da Il Caffè del 27 Gennaio 2012

Sono giorni turbolenti, scioperi e proteste stanno bloccando alcune zone del Sud, la benzina è esaurita anche a Caserta.

Ogni tanto l’Italia è inondata da movimenti di protesta che sembrano forti e rivoluzionari, ma in breve tempo tutto torna come prima. Ricordate “Il popolo viola”? Le donne del “Se non ora quando?”, i “Grillini”? E andando indietro con il tempo “i girotondini”? E i recenti “indignados”?

Ora è il momento dei “forconi”, anche se devo confessare che, rispetto ad altre situazioni, non ho ben capito chi essi siano. Ma aldilà della loro provenienza politica o non politica, del fatto che qualcuno abbia evidenziato come tra i loro esponenti vi siano persone appartenenti a partiti di estrema destra e simpatizzanti fascisti, e altri abbiano denunciato la presenza di infiltrazioni mafiose, aldilà di tutto ciò, bisogna ammettere che sono tra i più potenti e fastidiosi. Hanno bloccato autostrade, e con esse il trasporto merci e il rifornimento di prodotti, anche di prima necessità. E in tanti si sono “incazzati”, anche online: su You Tube ci sono dei video che testimoniano i blocchi da parte dei tir e su Facebook una ragazza, commentandone uno, chiosa: “Però questo sciopero coinvolge direttamente SOPRATTUTTO i cittadini, che non guadagnano trentamila euro al mese e non dispongono di un jet privato per andare a lavoro!”.
Come darle torto. Ma del resto, la protesta è protesta, e talvolta per farsi sentire, si arriva agli estremi. E poi, farsi sentire, vi chiederete, ma da chi?
Foto di Alessio Viscardi
FanPage,it

Nel nostro Paese, ultimamente, è forte la sensazione, che la politica sia pronta a giudicare i cittadini, a punirli, ad accusarli, senza mai tentare ascoltare e conoscere, senza andare alla radice dei problemi. E’ questa forse la causa del grande distacco che si sta creando tra politica e società.

Dobbiamo dire ai nostri giovani – ha dichiarato il vice della Ministra Fornero - che se a 28 anni non sei ancora laureato sei uno sfigato, se decidi di fare un istituto tecnico professionale sei bravo. Essere secchione è bello, almeno hai fatto qualcosa" parola del vice ministro Martone. Ma cosa significa in italiano? Sembra un concetto espresso un po’ con i piedi, mi spiace caro ministro. Forse dovremmo dire ai nostri giovani che devono seguire le loro inclinazioni, e non rincorrere il sogno di realizzazione di una laurea soltanto perché è di moda? Forse dovremmo dire ai nostri ragazzi di fare l’università solo se ci si crede davvero? E dovremmo dire a quelli che non amano lo studio, che fare una scuola professionale non è socialmente penalizzante, ma che anzi, tutti i mestieri e tutte le professioni hanno una propria dignità? Certo, è possibile. Ma cosa racconta il signor vice ministro a chi per pagarsi l’università magari contemporaneamente lavora, a chi pur avendone i requisiti non riesce ad accedere a borse di studio, perché sono sempre poche, a chi si fa i kilometri ogni giorni per raggiungere il proprio ateneo pagando trasporti pubblici carissimi e carenti, indegni di un paese civile?  Non dimentichiamo anche che l’università italiana, non si capisce bene perché, tra l’altro, sia tra le più care d’Europa.
Foto da GQ.com


Scattata la polemica mediatica sono arrivate tante risposte da tutta Italia, da rappresentanti giovanili di associazioni universitarie, partiti e sindacati. La protesta è imperversata su Twitter:  "sfigato is the new bamboccione?” ci si chiede. In particolare, una lettera di un giovane laureando precario, arrivata a Repubblica.it, ha posto diverse problematiche: nell’articolo "Mille lavori precari, sto per mollare l'Università" di Adelmo Monachese, questo giovane racconta la sua difficile vita, e il tentativo di mantenersi in tutti i modi da solo all’università, facendo vari lavori precari e in nero.

Ecco che Martone, avendola combinata grossa, ha dovuto, diciamo così, “riformulare” il suo messaggio:  "Tutti quelli che hanno due lavori o che vengono da famiglie con situazioni difficili e riescono a laurearsi sono bravi, sono eroi". Poi però aggiunge “ma dieci anni per una laurea quinquennale se si vive a casa con i genitori e non si lavora nel contempo sono troppi”.  Ora va meglio.

 Luisa Ferrara

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