lunedì 23 gennaio 2012

Tarantelle pe’ campa’

Da Il caffè del 20 Gennaio 2012

Tarantelle pe’ campa’” è il nuovo video dei 99 Posse (ve li ricordate?) assieme a Caparezza, diretto dai The Jackal (https://www.facebook.com/thejackalweb), un gruppo di giovani ragazzi napoletani che si occupa di videoproduzioni già da qualche anno. Ve lo voglio raccontare perché sintetizza sommariamente un po’ lo spirito del tempo che viviamo, il comune sentire rispetto al disastro politico e al fallimento di questa Nave-Stato.

Il video (http://vimeo.com/34708405) comincia con un discreto signore, non troppo vecchio, che in un’aula parlamentare pronuncia queste parole: “Stiamo tutti lavorando per il bene del Paese, e sono convinto che soltanto insieme, usciremo da questo momento. Grazie!”. Tale signore, uscito dall’aulica aula, fa un cenno all’autista, entra nell’auto blu, e viene braccato da dei “brutti ceffi” con l’aria molto arrabbiata. E’ un rapimento, un rapimento particolare, e lo si capisce sin dalle prime scene. Ma il suddetto signore sarà costretto “soltanto” a far una vita normale, ovvero ad avere pasti frugali e semplici in famiglia (quella dei rapitori), a lavorare al mercato ortofrutticolo spostando pesanti cassette, a mangiare un panino in strada al freddo in pausa pranzo, ad andare a fare la spesa al supermercato, a prendere pullman stracolmi e puzzolenti, guardare la diretta parlamentare accanto alla nonna infuriata (e non è poco). Alla fine del video il nostro turbato signore, viene riaccompagnato dinanzi al suo palazzo della politica delle chiacchiere, e una nuova cavia prenderà il suo posto. Altro rapimento, altro tour nella vita della gente normale, altro “training spirituale”. Che gli facesse bene? Ovviamente siamo nel campo dell’ironia, non c’è certo istigazione al sequestro di persona, però devo dire che la metafora, seppur forte, suona bene, e fa proprio al caso nostro.

set videoclip
99posse feat Caparezza - tarantelle pe' campà -
foto di Sabrina Cirillo 


Gli italiani sono invitati al sacrificio, continuamente, molte persone stanno soffocando, non hanno lavoro, non hanno spiragli per il futuro. La recessione economica è palpabile, non è solo roba da telegiornale o chiacchiera da talk show. I sacrifici gli Italiani li stanno facendo e con dignità, ma si chiedono quando finiranno e quando toccherà anche ai nostri governanti un taglio agli sprechi e alle ricchezze. Insomma il messaggio è tanto semplice quanto eloquente: provate a campare voi così, ad arrivare a fine mese, con un lavoro umile e una famiglia da mantenere. Sempre che il lavoro ci sia. Fatele pure voi le “tarantelle” per vivere, provateci!


Una nave che affonda, la storia della Costa Concordia, mi sembra un’altra metafora assolutamente valida a descrivere la situazione del sistema-Italia. Quando ho sentito Maurizio Crozza a Ballarò la sera del 17 gennaio fare questo esempio, devo ammettere che ci avevo già pensato, l’Italia è quasi come una nave che affonda, il comandante è la nostra classe politica, e il capitano De Falco chi è? L’uomo che con tenacia ha invitato il comandante della nave a tornare a bordo, ad assumersi le sue responsabilità, a coordinare l’evacuazione della nave, chi è? L’uomo diventato in poche ore un eroe nazionale, solo per aver fatto il suo lavoro, chi sarà? Forse Napolitano? Forse Monti? Forse l’Europa? La Merkel? E se fosse semplicemente la somma delle nostre coscienze? Siamo sicuri che un popolo, se unito, non possa davvero cambiare lo stato delle cose? “E’ buio”, ha risposto il comandante. “Vada a bordo cazzo!”, ha ribadito il capitano. E se il demone “Schettino”, in fondo, stesse dentro ogni italiano? Per alcuni, De Falco non è un eroe, si è limitato a dare ordini, in Italia tutti sono bravi a dare ordini, siamo il fondo “il Paese dei gerarchi”. Vi consiglio di ascoltare  la “fotografia” di Francesco Merlo su Repubblica.it ''De Falco, troppo facile chiamarlo eroe'' del 18 gennaio, per capire bene di cosa sto parlando. Per guardare aldilà di colpevoli ed eroi e capire che in fondo è l’Italia tutta a essere responsabile dello stato delle cose, perché un Paese che mette nei posti importanti persone inaffidabili non può aspettarsi troppo dal futuro. 

Luisa Ferrara



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